Le celebrazioni di Onam durano dieci giorni e Tiruvonam è la data più importante, poiché la tradizione dice che il re visita il suo regno in questo giorno. In quest’occasione le famiglie preparano il pookalam (una composizione floreale a forma di cerchio) davanti alle case, e danno il benvenuto a Mahabali con danze e giochi. Il pasto principale diventa una celebrazione tra le famiglie riunite: è quasi un rito, durante il quale i commensali si siedono per terra in cerchio per consumare il sadya, un piatto con ventuno qualità di curry e vegetali, servito su una foglia di banano. Le ragazze indossano la coloratissima veste tradizionale, si adornano di gioielli e ripetono un'antica danza, il Kaikottikkali. I ragazzi invece, aspettano questo giorno per indossare il kasavu mundus, la lunga veste utilizzata dagli uomini, che si lascia cadere fino a terra. Onam è anche la festa del raccolto e della prosperità e simbolizza il passaggio dalla stagione delle piogge a quella del sole.

Payppad

A Harippad mi ha accolto una pioggerella sottile, e dopo avere lasciato lo zaino all’Hotel City Tower, sono andato a Payppad. Della festa non c’era nessuna traccia, così mi sono messo a camminare alla ricerca di un qualche indizio, ma non sapevo nemmeno io che cercare. Un guidatore d’autorickshaw mi ha consigliato di andare all’imbarcadero, forse lì mi avrebbero potuto aiutare. C’era qualche bancarella che vendeva chai (the), bibite e giocattoli, mentre sotto una tettoia erano impilati mucchi di sedie di plastica. Gli organizzatori della festa mi hanno detto che a Payppad le celebrazioni durano tre giorni: nei primi due ci sono processioni con le barche serpente, il terzo la gara. Mi hanno invitato a salire sull’imbarcazione a motore che percorreva il canale, per informare con un megafono, gli abitanti sugli orari della manifestazione.

Questa parte del Kerala, il Kuttanad, è percorsa da migliaia d’intricati canali d’acqua stagnante, chiamati backwarters, e Alappuzha, la capitale della regione, è chiamata la Venezia del sud. Qua e là si vedono le chundanvalloms, le lunghe barche serpente di colore nero che gli abitanti del villaggio decorano con merletti dorati, bandiere e ghirlande fiorite. Solo gli uomini le possono toccare e devono salire a piedi scalzi.

Nell'attesa della processione del pomeriggio, ho visitato il villaggio. Ero l’attrazione del posto, preceduto da un codazzo di ragazzini che annunciavano chiassosamente la mia presenza. Era un continuo chiedere da dove venivo e come mi chiamavo, tutti facevano a gara per invitarmi a visitare le loro case, per presentarmi con orgoglio la famiglia, per scattare una foto o per offrirmi qualcosa da bere o da mangiare e con tutti questi incontri, il tempo è passato in fretta.

La folla occupa gli argini del canale, mentre i più fortunati seguono il corteo su barche o canoe. Le barche serpente sono strette e lunghe, l’equipaggio è di quattro timonieri, venticinque cantanti e cento rematori che pagaiano appaiati al ritmo del vanchipattu, una canzone inneggiante a Mahabali. Gli uomini sono a torso nudo, indossano un dhoti e un turbante bianco. Le barche arrivano alla spicciolata e gli equipaggi n’approfittano per allenarsi per la gara di domani. In prossimità dell’arrivo i rematori, pagaiando nella tensione del massimo sforzo, alzano nuvole d’acqua che fanno venire in mente i treni a vapore.

Un barcone ospita la banda con i suonatori, indossano abiti rossi e gialli ed il cappello con il pennacchio, che li rende simili a domatori di leoni. Su un altro, ci sono i danzatori con i volti pitturati di rosso e blu elettrico che mimano i movimenti della danza Kaikottikkali. Alcuni uomini a torso nudo, muovono ritmicamente alberi addobbati con fiori di carta che poggiano sulle teste, altri ancora sono vestiti da pavoni, mentre le donne vestite di bianco, ballano e cantano. Poi sono sfilate le barche serpente, addobbate a festa con ombrelli scarlatti, agitati al ritmo di tamburi e cembali. La sfilata era un’esplosione di colori, per Payppad oggi è un giorno di festa, tutti sono protagonisti, e il posto, per un giorno l’anno esce dall’anonimato.

La festa si è conclusa con la premiazione delle barche più belle. I rematori cantavano a squarciagola, ebbri di fatica ed eccitati per l’alcool ingurgitato, gli altoparlanti diffondevano questo baccano e si formavano cacofonie impressionanti. L’arak scorreva a fiumi e ben presto l’allegria dei canti e balli si è trasferita per le strade. A fatica sono tornato a Harippad e domani tornerò per la gara. Ho cenato in un ristorante mussulmano che offriva cibo puro (halal), il posto era disgustoso con sporcizia e tavoli unti. Quest’ambiente, gli avventori che mangiavano con le mani, le grasse donne velate e i bambini seminudi mi hanno tolto l’appetito. Davanti al mio piatto, c’era una bambina pallida, cadaverica e senza un occhio, che sembrava uscita da un film dell’orrore.

L’indomani, dopo la colazione con idli e salse piccanti, sono tornato a Payppad. Gli equipaggi delle barche serpente, si stavano rifocillando all’ombra delle palme: nutrire i rematori è una questione seria, perché attorno ad ogni imbarcazione, gravitano più di centocinquanta bocche da sfamare. Attorno agli uomini seduti a gambe conserte, si muovono velocemente i cuochi, che con mestolo e secchio, versano riso, verdure e carne di montone sulle foglie di banano, utilizzate come tovaglie. Nell’aria c’è atmosfera di festa, le rive del canale sono utilizzate come spalti di uno stadio, mentre le canoe ospitano uomini sovraeccitati che cantano, urlano e perdono l’equilibrio, cadendo in acqua tra le risate. I più fortunati occupano imbarcazioni, che permettono di ballare al ritmo delle disco music indiana, grazie alle grandi casse acustiche sistemate sulla tolda. Gli ospiti si mettono in mostra, transitano e si sbracciano davanti alla tribuna occupata dai rappresentanti del governo, dai vip e dai giornalisti. A turno, i politici tengono noiosi discorsi in un inglese accademico, ma tutti aspettano l’inizio delle gare.

Le barche serpente iscritte alla competizione sono una ventina e si affrontano a coppie, in due manches, su un percorso di 1,7 chilometri. Il pubblico partecipa entusiasticamente, infiammandosi al passaggio dell’imbarcazione di Payppad, mentre i giovani si buttano in acqua per incitare più da vicino i vogatori. L’avanzare della barca provoca un gran trambusto: sia per le pagaiate, sia per gli uomini dell’equipaggio, che a bordo delle imbarcazioni scandiscono il ritmo con urla e fischietti. Altri battono enormi bastoni sul fondo della barca, il cui suono risuona come quello di un tamburo: nell’aria c’è un misto di sudore, suoni e nudità ambrate che ricorda le navi negriere. Nonostante l’acceso agonismo, i testa a testa non sono molti, perché il divario tra gli equipaggi è notevole.

Alappuzha

Dopo la festa ho preso un autobus “superfast” per Alappuzha (Alleppey), così chiamato perché fa poche fermate e l’autista corre come un disperato. In occasione della festività d’Onam la città era tagliata in due da una processione con musici, danzatori e carri allegorici. Auto e autorickshaw erano bloccati, così non rimaneva che aspettare e fare da spettatori. Per la notte ho trovato una sistemazione stupenda, si trattava del Sona Heritage Home (http://www.sonahome.com/default.htm), una pensioncina con solo quattro stanze. Il posto non era centralissimo, ma la casa in legno di teak in stile coloniale, i mobili d’epoca ed il letto a baldacchino, rendevano affascinante la sistemazione. Il proprietario, era un omino anziano tutto pelle ed ossa di nome Joseph Chacko, che assomigliava al Mister Magoo dei cartoni animati.

Ho mangiato in un posto chiamato Kream Corner, ma alle dieci di sera il locale stava chiudendo e i camerieri avevano una fretta terribile. Mi hanno portato il conto, mentre stavo ancora mangiando un raita (una salsa a base di yogurt con cipolle e cetrioli). E’ un buon posto, da evitare però in “Zona Cesarini”!

L’indomani, mentre facevo colazione nel patio della pensioncina, con un ottimo pancake al cocco e una caraffa di the, è arrivato Mister Magoo che mi ha mostrato il libro degli ospiti, tutti rapiti da questa casa immersa tra le palme ed entusiasti per il pancake. Mi ha raccontato una barzelletta che lo faceva ridere molto, premettendo che nel Kerala, un chilo di pomodori costa poche rupie: “Un indiano arriva in Europa e avendo voglia di mangiare pomodori, chiede ad un fruttivendolo quanto costano. Il prezzo è di due euro il chilo e l’indiano dentro di sé pensa: saranno pomodori con la sorpresa!”

Mister Magoo ha inforcato i suoi occhiali grandi come fanali e ha iniziato a disegnare mappe e itinerari per la visita delle backwarters: uno strano intreccio di canali, fiumi e lagune interne a contatto con il mare, che si estendono per oltre 1.900 chilometri. Con un’imbarcazione sono andato a Nedumundi (un’ora e mezza di navigazione). Nel fare su e giù per i canali colpiscono i colori: la vegetazione è verde smeraldo e luccica sotto un sole spesso implacabile. Per chilometri si vedono solo acqua, canali e palme. Tra il fogliame tropicale spuntano chiese cattoliche e moschee, risaie e palmizi, capanne e piccoli villaggi arroccati su strette lingue di terra. La vita è condizionata dall’acqua e dai canali: le donne li utilizzano per lavare vestiti e stoviglie, i bufali si abbeverano, i bambini fanno il bagno, mentre sulle rive gli uomini aggiustano le reti da pesca.

S’incrociano kettu vallams (barche senza motore), vaporetti carichi di gente e chiatte che trasportano l’indispensabile per sopravvivere tra palme e mangrovie. I ponti per attraversare i canali sono lontani tra loro, così le persone si fanno traghettare sulla sponda opposta, per raggiungere strade ed autobus. In prossimità dei ponti levatoi, c’è un uomo che, come un casellante di un passaggio a livello ferroviario, sta lì per alzarli quando arrivano i battelli.

 

       Gastronomia   1   2   3   4   5   6   7   8   9   10   | Diari Index